Domenica nella Messa il mio charanguista, Herculano, chiede la parola per dare un avviso. Pensavo qualcosa legato ai lavori comunali, invece si tratta di un invito: giovedì insegnerà ai giovani delle superiori e chi sia interessato a fabbricare pomate naturali.
Già l’anno scorso, per un lavoro di etnomedicina, ho intervistato Erculano che è un medico tradizionale specializzato nelle erbe, anche se legge pure la coca e compie rituali di guarigione tradizionali “Con il permesso del Signor San Giacomo” (santo legato alla medicina tradizionale).
Mi rallegro e chiedo se posso partecipare. Ed eccoci qui: un gruppetto di circa 15 ragazzi ben conosciuti, il prof Roberto, e suor Maria Elena ed io. Inizia a spiegare un poco cosa significa la medicina tradizionale: dalla sua tasca spunta lo smartphone, e dalla sua bocca parole che sembrano senza tempo, frutto della sapienza ancestrale. Sembra un prof del XXI secolo, ma porta con sè un aguayo con erbe e altri strumenti per il lavoro che ricorda i medici tradizionali di secoli passati.
Ci divide in 5 gruppi di lavoro: chi sfoglia eucalipto, rosmarino, molle (leggi: molie), scartando le foglie difettose, chi inizia a macinarle, non senza sforzo e fatica. Alla fine abbiamo 6 piattini colmi di erbe “calde”, secondo la concezione andina: infatti, tutti gli alimenti e prodotti si dividono in caldi e freddi, e a seconda della necessità si usano per guarire determinate malattie. Oggi noi stiamo preparando una crema per dolori muscolari, crampi e artrite: tutti disturbi che hanno bisogno di calore per essere debellati.
In una pentola, a bagnomaria, mettiamo 20 cucchiai di ogni erba macinata, poi vaselina, mentolo ed altri prodotti farmaceutici. Quando tutto è sciolto, invasiamo, non senza difficoltà. I ragazzi, nonostante un po’ di distrazione a sprazzi, si dimostrano molto attenti. Nel fare i lavori sono meticolosi e cercano la precisione.
A tutti ci attrae la possibilità di confezionare medicine naturali: Erculano invita caldamente a cercare luoghi non inquinati per raccogliere le erbe, ed in qualche modo apre un orizzonte ecologico nella nostra mente.
“Questo potrebbe essere un lavoro, ragazzi. Potreste preparare questi prodotti e poi salire sui bus e venderli. Non è rubare, è un lavoro onesto”. Si, mi piace. Una possibilità di lavoro in una zona che sembra non dare niente. Eppure erbe e piante ci sono, e la sapienza millenaria sa le proprietà di ciascuna.
Un pomeriggio che, speriamo, apra prospettive di lavoro ai nostri giovani, o per lo meno una mentalità naturalmente naturale.