Non so se vi è mai capitato di imbattervi nel brano di Vangelo in cui Gesù afferma: “Venite a me… prendete il mio giogo sopra di voi… il mio gioco è soave”.
Ammetto che per me già solo immaginare cos’era un giogo, non è stato così immediato: anche se sono cresciuta in campagna, fin da piccola ho visto trattori e aratri meccanici… a dire il vero, il primo giogo dal vivo l’ ho visto solo in Vilacaya, nel 2013…
Insomma, si riconferma la mia teoria: il Vangelo è quechua, ve l’ho già detto…
Durante gli esercizi spirituali di qualche mese fa, la stessa sensazione di capire il Vangelo attraverso la vita e l’esperienza della nostra gente, è stata condivisa dal gesuita che orientava i nostri giorni di ritiro. Anche lui, un innamorato perso delle culture originarie, dice che ha capito queste parole di Gesù da un suo amico quechua. Ve lo racconto, perché è troppo bello, e spero giovi anche a voi nel vostro cammino con Gesù.
Un giorno, arriva alla Parrocchia tutto triste un signore, Juan. “Padre, è successa una disgrazia“. Il sacerdote si preoccupa: “Cosa è successo, Juan?”. “E’ che è sparito il mio bue… proprio ora che ne ho bisogno per preparare il terreno per la semina”.
Il caso era molto delicato: per la gente contadina quechua il bue (la coppia di buoi) è come il trattore: senza questa forza, non si può affondare l’aratro nella dura terra. L’uomo chiedeva un po’ di soldi per comprare un torello: il bue era troppo caro, ma comprando un piccolo toro avrebbe risolto il problema.
Il buon Padre prestò a Juan i soldi, e lo stesso giorno il contadino andò a comprare il sostituto. Dopo qualche tempo gli chiese come andava con il toro, se si era adattato al lavoro in coppia con l’altro bue.
“No, padre… i primi giorni il torello non voleva accettare il giogo”.
“E allora, come hai fatto?”
“Bisogna avere pazienza… Il bue sopporta i salti e gli strattoni dell’irrequieto toro, fino a quando anche il giovane impara a camminare in coppia con Lui“.
“Quel giorno” ci ha condiviso il gesuita “non solo ho capito l’immagine del giogo soave, ma ho anche visto come Gesù cammina al mio fianco: con pazienza, sopporta i miei scossoni, le mie ribellioni… E mi insegna a camminare insieme a Lui, con lo stesso suo giogo”.
Bello, no?