Venezuelani

No, non è un tema fuori luogo… E’ piuttosto come una macchia d’olio che si diffonde tragicamente nel mare… Si parla della crisi del Venezuela da anni, ma adesso il problema prende il volto e la voce di persone in carne ed ossa. Prima Brasile e Colombia, che ormai si sono organizzati per accogliere i rifugiati ( le nostre sorelle in Roraima accolgono per la colazione centinaia di persone che hanno varcato il confine: ve ne parlerò fra qualche mese…).

Adesso in Potosì si trovano spesso persone venezuelane: salgono sui pulmini pubblici, parlano con un accento diverso, si presentano come venezuelani. Ti vendono caramelle e prendono una banconota in mano: ti spiegano che qualche anno fa serviva per fare la spesa, ed ora non vale nemmeno un centesimo. Ed allora alcuni, molto significativamente, usano i soldi per fare origami e venderli a prezzi irrisori, ma sempre superiori al valore reale. Le sorelle, nell’incontro in Brasile, hanno portato dal Venezuela una borsa fatta di banconote intrecciate.

E’ un freddo mattino dell’inverno potosino. Sale sul pulmino un ragazzo che inizia a parlare del Venezuela e chiede collaborazione: ad un certo punto cade: non si tratta di una frenta brusca o una curva. L’autista gli chiede cosa succede, e il giovanotto gli spiega che è per il freddo. Totalmente intirizzito, paralizzato dal freddo che il suo corpo non conosce…

Non so, sinceramente, come potranno vivere i venezuelani in Bolivia: non ci sono offerte di lavoro, il potere d’acquisto è basso, perciò le persone non possono “sganciare” molti soldi. Eppure sono arrivati fin qui, scappando dall’incubo della fame e della mancanza di tutto.

Commento la situazione con le sorelle in Cochabamba, e mi dicono che il fine settimana precendente hanno aperto le frontiere con la Colombia e 35.000 persone sono passate, scavalcando le montagne. Alcune  persone sono arrivate con infradito, altre con le scarpe rotte. Alcune con il sogno di arrivare a Ecuador, ma i piedi completamente feriti dal tanto camminare. Si è creata allora una raccolta d’emergenza di scarpe, per questi profughi e pellegrini della speranza che fuggono dalla povertà e violenza.

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