Uno zoom sulle Ande

Ho un’idea che mi sta girando e rigirando da un po’ di tempo, un’idea che nasce dal mio lavoro nella comunicazione e dallo studio dell’antropologia, applicato al campo virtuale. Questa idea, detta molto semplicemente, è che la differenza tra virtuale e reale è molto sottile, è una frontiera con limiti sempre meno precisi. Mi spiego: oggi posso connettermi con una persona dall’altra parte del mondo, e quando la incontro, dopo anni, sento che la distanza era relativa, ho potuto continuare a costruire la relazione con lei in un modo virtuale, ma molto reale.

E’ interessante notarlo anche nell’ambito andino: a inizio settembre dovevamo essere sulle rive del lago Titicaca per l’incontro di Teologia e Pastorale Andina. Ma… sappiamo che la pandemia ha sprogrammato tanti incontri. Comunque, ci siamo riuniti nello zoom. (In questo caso, cade in parte la mia teoria: non c’è niente che possa sostituire la bellezza mozzafiato di quel paesaggio lacustre e i tramonti da paura… Pazienza).

E’ interessante, nonostante tutto, la dinamica che si è portata avanti nell’incontro, durato 4 pomeriggi, con una riunione zoom.

I “quadretti”, come li chiama la gente all’inizio, che fanno vedere le persone, ci permettono di ritrovare persone conosciute, i saluti sono affettuosi e carichi di gioia. Solin è riunito con le donne del suo villaggio, nel cortile di una casa di mattoni di argilla e il tetto di paglia. Alla fine dell’incontro già parliamo di “finestre” su cui ci affacciamo e comunichiamo.

E così, come per la Messa che in questi mesi possiamo godere solo da Youtube, vista sul cellulare, anche in questo caso i rituali tradizionali sono fatti attraverso la camera dei dispositivi, alle volte con un po’ di difficoltà per le connessioni deboli, ma ce la facciamo.

I medici tradizionali ci spiegano il giorno prima che simboli procurare, quindi loro realizzano i riti, con tanto di sagge spiegazioni, e noi facciamo con i simboli disponibili ciò che ci indicano. Tutti i rituali sono di purificazione e cura, per ristabilire l’armonia dentro di noi, tra di noi e con il cosmo intero. Niente di più necessario oggi, con questo mondo malato e noi malati nel mondo…

Sempre mi fa sorridere vedere le donne e gli uomini, vestiti con abiti tradizionali, mentre comunicano con un cellulare: le apparenze fanno pensare a persone fuori del tempo, in realtà il popolo andino sa usare con intelligenza i mezzi digitali per mantenere viva la propria identità (non sono pochi i programmi per computer per l’insegnamento della lingua quechua, oltre a numerose altre iniziative).

Anche questo incontro entra nella stessa finalità, con la differenza che, sebbene abbia permesso a molte più persone collegarsi (dagli Stati Uniti, Ecuador, Spagna, Brasile, Messico, Cile, oltre ai consueti Argentina, Bolivia e Perù), non si sostituisce l’incontro in carne ed ossa, che fa respirare l’armonia che il popolo andino sogna e cerca di realizzare.

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