Una Twitter tormenta

Anna, una webamica da anni (non ci siamo mai incontrate, se non con incontri online), mi messaggia a inizio febbraio: “Sister, saresti disponibile a partecipare a una Twitter tormenta con un hashtag che faccia sentire il problema della tratta degli esseri umani?”

Non ci penso due volte: “Ma certo, conta pure su di me!”

Anna è una giornalista che ultimamente collabora con il “settore tratta” della vita religiosa, che da tempo propone il giorno di Santa Bakhita, la schiava africana che si fa suora, e santa suora, una giornata di preghiera e sensibilizzazione sulla tratta degli esseri umani.

Il mio sì senza tentannamenti, anzi con molto entusiasmo, è dovuto a diversi motivi: nel settore tratta ha lavorato tanti anni mia sorella suor Eugenia Bonetti, dando il meglio di sè per la causa; inoltre, il problema della tratta degli esseri umani è così grave e frequente in America Latina e in Bolivia, che abbiamo potuto toccare con mano il dolore straziante di genitori che hanno visto scomparire i propri figli (soprattutto figlie). I primi anni che ci trovavamo a Vilacaya, un giorno a Potosì abbiamo incontrato una signora, evidentemente molto provata, che stava preparando copie con la foto e il nome della figlia scomparsa, per appiccicarle in tutta la città. E passando vicino ai caselli di entrata e uscita alla città, come anche negli uffici della Polizia, è tutto tappezzato di foto e nomi di persone, ahimè, desaparecidas.

I giorni precedenti all’8 febbraio ho preparato pubblicazioni e foto da programmare con il mio buon vecchio amico PostPickr. I tempi per la Twitter Tormenta erano stretti: dalle 12.30 alle 13.15 ora italiana. Per il momento della tormenta mi preparavo a ritwittare tutti i messaggi con l’hashtag “prayagainsttrafficking”. Per combinazione, proprio quel giorno salivo a Potosì (era mattina presto qui) ed ho approfittato del tragitto con segnale internet per ritwittare come una matta.

Ad un certo punto ero felice: avevo scatenato, nel mio piccolo, un piccolo uragano. Era bello vedere come moltissime congregazioni avevano aderito all’iniziativa. Ma poi mi sono chiesta: questo sembra più un gioco che un vero impegno…

Poi arriva il messaggio di Anna: “Siamo al sesto posto degli hashtags di tendenza!” il gioco è fatto: abbiamo messo sotto la luce dei riflettori il tema della tratta. Forse, è vero, non è molto. Ma ripenso a quelle mamme incontrate, con la tristezza scolpita sul viso, per non sapere nulla della figlia scomparsa. E allora anche un giochetto può servire a qualcosa.

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