Si, penso che tutti gli anni scrivo almeno un articolo sul Carnevale, che è veramente una festa centrale per il popolo andino…
Quest’anno l’ho sentito come un tempo molto intenso e con la sua dose di avventura, e non solo.
Il mercoledì che precede il giovedì grasso (per la nostra gente il “giorno delle Comadri”) mi sono svegliata presto per andare a Potosì con il Corregidor. Ma… arrivati al fiume… abbiamo fatto dietrofront, con tutto rispetto per la corrente d’acqua. Certo, questo ingrediente d’avventura fa parte del Carnevale, che si celebra nella stagione delle piogge! Vedi la foto sopra.
Dopo due ore siamo ritornati ed abbiamo potuto, con cautela, attraversare il fiume che ci fa vedere l’acqua solo in queste occasioni. Ma il giorno avventuroso non era finito: nella città c’erano sfilate di bambini in maschera, e dalle finestre i ragazzi tiravano gavettoni ai malcapitati passanti! E che dire della schiuma? Vi ricordate, Matusa della mia generazione, le bombolette di schiuma??? Qui tra gavettoni e schiuma, nessuno la scampa.
Infatti, il giorno dopo martedì grasso gli studenti erano tutti armati. “Buenas tardes hermanitaaaa” mi dice una ragazza, con il solito tono di voce affettuoso, o forse… un po’ troppo melenso: si, c’era da sospettare ed ecco che… mi ha schiumata! A Carnevale, ogni scherzo vale. Un’altra ragazza con la bomboletta ben in vista mi saluta. Le dico: “Uh… ho paura: sei armata!” “No, hermanita: è vuota la bomboletta: è per spaventare i ragazzi”.

Ma Carnevale è molto di più dello scherzo che vale: Carnevale per la nostra gente è FAMIGLIA: me lo dicono le voci gioiose dei nostri piccoli vicini, contenti che il papà è tornato per festeggiare con loro, dopo un tempo di lavoro in Potosì. Infatti, soprattutto il martedì grasso è il giorno della benedizione ancestrale della casa, della famiglia, delle auto, cioè delle proprietà di ogni nucleo familiare. E’ bello: è chiedere abbondanza e salute, fertilità ai campi, ringraziare per il raccolto che quasi arriva (le prime pannocchie di mais si raccolgono a Carnevale, e c’è sempre qualche amico che ce le fa provare).
Ho pensato ai ragazzi orfani del Centro: dobbiamo festeggiare con loro: siamo la loro famiglia. Preparo due torte per la merenda, ma ecco che, venendo a casa nostra in cerca di fiori, arriva l’invito inaspettato: “Vi aspettiamo per il pranzo, hermanitas” dice la voce, ormai bassa da uomo, di Cirilo. Mi fa molto piacere. E ci andiamo. E le nostre ragazze hanno preparato un pranzo squisito. Che orgoglio, i nostri ragazzi e ragazze del Centro di accoglienza! Li vediamo crescere, ee adesso ci sono i nuovi piccoli da coccolare e da aiutare nell’avventura pura, che non è il Carnevale, bensì la VITA. Vita che si celebra intensamente nel Carnevale andino.