Occhi di ragazzo

E’ apparso alla porta della nostra casa una domenica mattina, come il suo solito. Stavolta non è venuto in bici, ma a piedi. Ha trovato un camion che gli ha dato un passaggio e gli ha chiesto di aiutarlo a caricare legna. E così, Daniel è arrivato alla nostra casa a mezzogiorno, anche se era partito da Tres Cruces la mattina presto.

Mi fa molto piacere vederlo, eravamo preoccupate per lui: abbiamo incontrato la sua sorellina in Tres Cruces e ci ha detto che stava lavorando nella miniera. Sempre rimango congelata dalla paura, pensando ai nostri ragazzi che entrano nei tunnel delle miniere… Poi sua mamma ci ha detto che aveva lasciato il lavoro perché si era fatto male ad una mano e si era spaventato.

Sapevo tutto questo, ma avevo promesso a sua sorella che non gli avrei detto niente… Allora iniziamo a parlare del più e del meno. Giriamo, giriamo… fino a che, ad un certo punto, inizia a raccontare: “Ho lavorato nella miniera…”

Apre il suo cuore, ed i suoi occhi si velano di tristezza. Ripete continuamente: “C’è tanta, tantissima gente che lavora lì…” ci racconta che ci sono persino delle bambine, e molti giovani, e poi donne e uomini adulti. Ha lavorato tre settimane, il turno di 4/5 ore. Chi vuole guadagnare di più fa due turni.

Gli specialisti entrano dentro, fanno saltare la dinamite, e gli altri, come lui, devono caricare pietre su pietre… Molti si ubriacano, per sopportare il lavoro pesante e la paura di questo lavoro nell’oscurità. Ma il suo capogruppo non permetteva loro di bere.

L’ ultima settimana non l’hanno pagato. Capita spesso… Ma perché rischiare la vita nella miniera a 18 anni?

“In casa alle volte non abbiamo soldi per le compere… Le mie sorelline mi aspettano e sperano che porti loro qualcosa…”

Daniel è il secondogenito, le sue tre sorelline sono piccole, poi c’è il minore, un fratellino di un anno. Si sente responsabile per loro, anche perché molte volte il papà se ne va in cerca di lavoro lontano, e se ne perdono le tracce per settimane.

Quello sguardo triste non sembra il suo. Lo abbiamo conosciuto sereno e gioioso, con la luce negli occhi di chi sogna un futuro fantastico. E adesso quella tristezza ci spezza il cuore.

E’ venuto perché sa che può contare su di noi: ormai gli mancano solo sei mesi per terminare le scuole superiori, e poi… e poi… cercherà di fare il servizio militare, e poi di trovare un lavoro. Come quasi tutti i nostri ragazzi… Gli assicuriamo che non lo lasceremo solo, e lui sa che è così. Un’amica dall’Italia ha mandato dei soldi per comprargli una bicicletta. Un mezzo di trasporto importante per lui. E con gli altri amici della missione lo aiutiamo a pagare l’affitto della stanza dove vive, e a coprire alcune spese scolastiche.

Lascia un commento