Chi di spada ferisce, di spada perisce, eheheh… DI solito sono io che perseguito suore per le interviste, ma arrivata in Italia mi hanno chiesto di “sottopormi a interrogatorio”… Vi propongo l’intervista apparsa sul Bollettino della mia amata parrocchia, sulle prime impressioni al mio ritorno in Italia.
Cosa ti diceva il cuore mentre aspettavi di abbracciare tua mamma all’arrivo all’aeroporto?
Arrivavo da un viaggio molto lungo, ed ero molto stanca… ma il cuore batteva forte, aspettando la valigia e sapendo che lì, a pochi metri, dall’altra parte della porta, c’era mia mamma che mi aspettava! Queste sono le grandi emozioni della vita missionaria.
Stare tanto tempo lontani dalla “casa”, che significa anche dalla concretezza dei rapporti che caratterizzano i nostri legami, come sei riuscita e riesci a portarlo nelle tue giornate in missione?
In realtà, io sento “casa” Vilacaya e la Bolivia. Ho vissuto in vari paesi, nei miei 17 anni di vita nell’Istituto delle Missionarie della Consolata: Brasile, Argentina, Bolivia. Sono molto grata a questi popoli che mi hanno accolto così bene e mi hanno subito sentire a casa. Inoltre, dopo 6 anni in Vilacaya, si sono veramente costruiti dei elgami forti e significativi, che non sostituiscono quelli di prima, ma che allargano il cuore. E poi… oggigiorno, con il whatsapp, è più facile rimanere in contatto….
Secondo te, la “vocazione” missionaria dove e come la riconosci?
Fin da piccola ho avuto una simpatia per la missione. La vocazione è un progetto di bene e di vita, il sogno che Dio vuole realizzare perché il suo/a figlio/a tanto/a amato/a possa essere felice. E’ importante sentire le vibrazioni di cuore: ci sono sempre delle cose che ci attraggono di più, ci “sorridono”. E nella preghiera, soprattutto, bisogna entrare in dialogo con Dio. Dialogo significa che io gli parlo e Lui mi parla. Gli dico: “Da grande mi piacerebbe essere… questo mi piace di più…” E Lui… anche Lui parla, con parole che sente il cuore e con fatti di vita che posso chiaramente interpretare. La vocazione (missionaria o no) si trova lì, nel quotidiano della vita!
La “paura” è il nostro nemico più pericoloso, in qualsiasi situazione, in ogni rapporto… come si può lottare e magari anche vincere? Da che cosa viene la paura?
Se lascio il mio individualismo, mi “sconcentro” da me stessa e mi accorgo che attorno a me ci sono tante persone… è il primo passo per diminuire la paura.
La paura è un’ emozione che tutti proviamo, l’importante è che non ci lasciamo paralizzare da essa, e non distorciamo la realtà con il filtro che lei ci da.
Tornando in Italia da un paese così diverso come storia e situazione sociale, per che cosa ti viene un groppo in gola? Sinceramente, come vedi la nostra società ogni volta che rientri?
Mi fa pena vedere i giovani che faticano a trovare lavoro e gli adulti che lo perdono… e a mala pena trovano contratti da tre mesi… magari rinnovabili…
Sinceramente, mi vergogno un po’ per come appariamo all’estero, adesso che il governo è così duro contro gli stranieri. Non è una bella figura quella che ci facciamo.
La parrocchia, che è stata e continua ad essere la tua “famiglia” di crescita e maturazione umana e cristiana, sta cambiando? Cosa in meglio e cosa in meno bello?
E’ un po’ presto per dire… è da poco che sono arrivata. Le prime impressioni: i bambini crescono, i giovani sono ormai grandi, alcune persone già non ci sono più… la vita continua, passa e si rinnova.
Più conosco realtà ecclesiali, e più mi rendo conto che la mia parrocchia di origine è stata una scuola dove ho imparato tanto. Uno spazio ricco di impegno e iniziative. Tutto continua, come ai vecchi tempi, forse ancora meglio di prima. Sono orgogliosa di appartenere alla parrocchia di Revello!
Alcuni ritengono che la Chiesa stia facendo un cammino troppo pericoloso nell’avvicinarsi ai poveri di oggi, si dice che perdiamo il “senso del sacro”. Che ne pensi?
In realtà, è sufficiente ascoltare Papa Francesco per sapere che i poveri sono i preferiti da Dio. E vi dirò di più: la mia esperienza missionaria, in una terra particolarmente povera, mi ha insegnato che Dio è in mezzo ai poveri, che Lui si trova lì. Se vuoi incontrare Dio, avvicinati a un povero. Scoprirai che Dio è lì, che vive lì con Lui, lo ama, lo preferisce.
I ragazzi e ragazze della Bolivia sono come quelli di Revello?
Ugualissimi e diversissimi: sono pazzi per il cellulare, la musica, la roba alla moda. I loro idoli sono gli attori coreani, e si pettinano come loro.
Hanno meno possibilità di un futuro, sia come studenti universitari, sia como giovani lavoratori. Il più delle volte devono migrare nelle grandi città o all’estero. Fin da bambini lavorano per aiutare i genitori nella campagna e nell’allevamento.
Insomma: giovani dal cuore colmo di sogni e speranze, con molta energia e voglia di vivere, ma poche possibilità per realizzare i propri sogni…
Sono un po’ più timidi dei ragazzi italiani, parlano quechua e sono fieri della loro origine indigena. Ma allo stesso tempo, soprattutto quando migrano ad altri luoghi, l’identità indigena è causa di discriminazione e razzismo.