Ho avuto una strana sensazione, in questa festa dei Defunti. Una festa importantissima per la gente, colma di rituali ancestrali, emozioni e molti incontri: tra i vivi e tra vivi e morti. Ha avuto più o meno la stessa sensazione il nostro parroco, che me l’ha condivisa mentre faceva colazione, prima della Messa della domenica successiva alla festa.
Una festa in tono minore, con meno gente e meno intensità. Sempre ci prepariamo a questa celebrazione di incontro dei defunti con una certa paura, perché si beve molto e si mangia molto. Ma non si può rifiutare… perciò… sempre al limite dell’ubriachezza… Eppure no, quest’anno non abbiamo nemmeno sfiorato il rischio dell’alcolismo, eh eh eh…
La festa dei Defunti, il cui significato per la gente quechua è il ritorno dei defunti che condividono due giorni con la famiglia e la comunità (ma l’avete visto il film “Coco”? è una concezione simile a quella messicana lì raccontata), è la festa delle “anime nuove”, cioè dei defunti recenti, dei primi tre anni dalla morte. L’altr’anno c’erano molti altari che li ricordavano, e c’era molta gente che li visitava per pregare per il defunto e per condividere un tempo con la famiglia.

Forse quest’anno c’ erano meno altari, ed hanno richiamato meno gente, eppure in questi ultimi mesi la morte ha toccato la comunità tragicamente, con un suicidio (vedi post “Un giorno tra vita e morte”) e l’ omicidio di un nonnetto, ammazzato da un ladro che voleva i suoi soldi. Sensazione di morte, eppure non si celebra la morte, in una cultura che lo sa fare in maniera molto significativa.
Dicevo che pure il nostro parroco ha avuto la stessa sensazione: anche in Puna c’era meno gente. Si capisce che si muore meno, perché ci sono meno persone, non perché si vive di più: la migrazione fa scomparire le comunità, e non ci sono più vivi che muoiono… Eppure anche quando si muore, non si celebra più come un tempo, forse le famiglie preferiscono farlo in città, lì dove risiedono, allo stile cittadino…
Strana sensazione di morte, in questo morire poco…