Il naso della volpe

Miguel è un uomo attempato, originario di Vilacaya, che però la vita ha trascinato un po’ di qui un po’ di là, fino ad approdare a La Paz, dove vive, lavora, e gode della sua famiglia.

Le sue radici però erano (e sono) profonde, e il legame con Vilacaya non si è mai affievolito: ogni tanto ritorna, non solo da “turista”, ma da sognatore, con proposte, iniziative, idee per migliorare la situazione della comunità, e otto anni fa è stato autorità originaria, ottenendo un’antenna 4G per la zona. Non è poco, ve lo assicuro.

A fine novembre bussa alla porta:

“Buongiorno, signor Miguel! Quando è arrivato?”

“Ieri di mattina, hermanita”. Lo vedo un po’ stanco questa volta. Chiede le chiavi della chiesa per mettere fiori a San Pietro e alla Madonna, di cui è molto devoto. Chiacchierando un po’, gli dico che sto per partire per l’Italia. Il suo volto diventa triste.

Mi sorprende la sua reazione, e gli assicuro che è per pochi mesi:

“Ah, hermanita… che peccato… sentiremo la sua mancanza… Dovrò dire a mia moglie di trovare un naso di volpe”.

“Un naso di volpe?”

“Si… una volta, quando un papà doveva viaggiare e assentarsi per lungo tempo, appendeva al collo dei figli un naso di volpe, perché i bambini non sentissero nostalgia”.

Ho sorriso e mi sono anche un po’ commossa: la gente quechua conosce l’addio e l’arrivederci, con gli effetti collaterali della nostalgia e della tristezza, soprattutto da quando la migrazione si è intensificata, a causa del cambiamento climatico.

Sono partita, senza il naso di una volpe, ma con questa immagine nel cuore: quando parto da Vilacaya sento sempre uno strappo, come se non dovessi tornare, è come dire addio tutte le volte. Quando l’aereo si è alzato in Santa Cruz, ho detto “Ciao, Bolivia…”, ma senza lacrime: si vede che il mio naso di volpe interiore mi ha aiutato.

Sarò fuori Bolivia per diversi mesi, con tanto lavoro, diverso dal solito: metto tutto e tutti nelle mani della Madonna.

In questi giorni di quarantena italiana, approfitto per scrivervi un po’ di racconti in tutti i sensi, dopo un prolungato silenzio, e magari vi racconto anche perché, tra un racconto e l’altro. Ben ritrovate e ben ritrovati a tutte e tutti!

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